HOME > Centro de documentación > Biblioteca > Textos > Notas de Luca Belcastro > Esta nota
  busca en el sitio |   mapa del sitio


foto luca belcastroLuca Belcastro

Il concerto, la fruizione artistica e l'ascolto

Como (Italia)
giovedì, 31 diciembre 2009



Negli ultimi anni ho assistito a molti concerti in vari festival latinoamericani di musica contemporanea. Poiché la selezione delle partiture e la definizione dei programmi dipendono dalle Nazioni e dalle Istituzioni organizzatrici, le formule dei festival sono molto diverse tra loro. Ci sono concerti molto lunghi, altri brevi, a carico di un solo ensemble o con cambi di interprete a ogni composizione e il conseguente movimento di strumenti. Le situazioni sociali, le sale e il pubblico sono le più varie, così come le circostanze, a volte ufficiali, accompagnate da mille parole, con gli interpreti che recitano il loro ruolo accompagnati da cerimoniali, entrate, uscite e inchini all'applauso del pubblico elegante. Manifestazione evidente di un modello occidentale, che si mantiene anche in occasioni meno eleganti, dove il pubblico proviene da differenti ambiti, estrazioni sociali e tradizioni. Un modello che vede in questo cerimoniale "quello che deve essere" e i musicisti come irraggiungibili e distanti. In altri casi le situazioni sono più intime, con una relazione diretta, quasi fisica, tra musicisti e presenti. Ma, nonostante il luogo e la situazione invitino al contatto e a una disposizione spaziale funzionale a questo, si mantiene la separazione tra interpreti e pubblico, amplificata dall'idea di palco, scenario e platea. Nonostante questa grande varietà di proposte e ambienti, quindi, si segue spesso il tipico modello del concerto occidentale.
Per esempio, mi trovavo ad assistere a un concerto di un'orchestra di strumenti nativi che presentava composizioni contemporanee e reinterpretazioni di temi tradizionali con aspetti teatrali. I musicisti sul palco, oltre a suonare, si muovevano, camminavano, danzavano seguendo il ritmo. Il loro agire invitava fortemente al movimento e alla partecipazione, a seguire con il corpo questa "ritualità". Però, per gli obblighi dettati della formula, il pubblico doveva stare seduto, immobile, i bambini tacere, perché si stava registrando, e applaudire solo al finale di ogni pezzo.
Ci si domanda, dunque, se l'idea del concerto occidentale funzioni in altre culture o se ognuna abbia una propria forma peculiare di relazione con l'atto creativo.


Il concerto occidentale
L'istituzione del concerto come esecuzione musicale pubblica, aperta a un auditorio pagante un biglietto, è un fenomeno del XVIII secolo, collegato con l'ascesa economica e sociale della borghesia.
Ancor prima, la fruizione dell'arte musicale profana era un privilegio delle classi aristocratiche e il quadro sociale nel quale si realizzava l'esecuzione musicale era quello della corte o dei castelli, dei palazzi o dei parchi patrizi. Gli intrattenimenti musicali erano offerti agli ospiti dal nobile padrone di casa, che manteneva a sue spese un'orchestra, o cappella, o un complesso cameristico. Di conseguenza, la particolare situazione sociale del musicista, esecutore o compositore, non era quella di un libero professionista, ma di un salariato membro della famiglia di una casa patrizia, che spesso non era più stimato di un cuoco o di un palafreniere. Con tutti i vantaggi e gli inconvenienti di una simile condizione, tra cui principalmente la tranquilla sicurezza dell'occupazione da un lato e la mancanza di libertà dall'altro.
Quando l'aristocrazia iniziò a perdere importanza di fronte alla borghesia, i musicisti dal lavoro fisso si convertirono in liberi professionisti che, per il successo, cercavano di meravigliare il nuovo pubblico con esecuzioni frutto di notevoli doti tecniche. Appassionavano il pubblico non solo la qualità della musica, ma anche le incredibili acrobazie virtuosistiche degli interpreti. Oltre a un adattamento organologico degli strumenti musicali, questo richiedeva sale da concerto specifiche per le esecuzioni, con tutto quello che significava in termini di progetto architettonico e di studio acustico.
L'istituzione del concerto e la conseguente relazione tra musicisti e pubblico continuarono a svilupparsi e influenzarsi fino ad oggi, con alti e bassi, sempre come conseguenza della situazione socio-economica e adattandosi a essa. Ossia il modo di fruire la musica, che s'impone e modifica nel tempo, è frutto delle nuove necessità e dei nuovi modelli sociali che si instaurano. L'interesse per la figura del direttore, del compositore, dell'interprete e dell'orchestra si alternò nell'immaginario collettivo, come le tecniche e l'immagine personale.
Con il passare del tempo, il numero di coloro che potevano avvicinarsi alla musica crebbe insieme all'incapacità di comprendere e rapportarsi a tecniche ogni volta più estreme, che davano sempre meno spazio all'espressione e all'evocazione. Il sistema di mercato odierno riesce a vendere quello che non si comprende, etichettandolo a suo gusto. "Questo è il miglior compositore del mondo", "questo il miglior interprete", si proclama presentando l'artista: attraverso la spettacolarizzazione, si impongono all'ignoranza senza capacità critica.
Inoltre in Occidente c'è una tendenza molto forte alla specializzazione, che porta a definire gli spazi tra le diverse forme d'arte dello spettacolo. La musica, la danza, la recitazione e le tecniche scenografiche, anche se in alcuni casi si integrano, si mantengono come forme indipendenti.


La fruizione artistica orientale
In Oriente questa tendenza alla separazione delle forme artistiche è totalmente ribaltata e, al contrario dell'Occidente, si incontra un'integrazione totale. Inoltre la danza, il teatro e la musica sono forme espressive considerate non solo artistiche, ma anche raffinati linguaggi spirituali.

Per esempio il teatro Nō giapponese, forma antica che presuppone conoscenze di fondo e una cultura abbastanza elevata per venir compreso, è caratterizzato dalla tipica ricerca della bellezza nella finezza e nella formalità. Evita effetti naturalistici e mimetici, per comunicare attraverso un attuare scenico altamente simbolico, un'intensità emozionale alla quale nessun dramma realista potrebbe aspirare. Il Nō è essenzialmente una forma di rappresentazione aristocratica e spirituale. Il suo fine è provocare un'emozione, un nodo psicologico di portata universale. Nello scenario si esprime l'essere umano nella sua essenza, libero da tutto quello che è futile e materiale.
I movimenti sono estremamente stilizzati, lenti e ridotti all'essenziale, piccoli accenni con la testa o gesti del corpo dai significati molto precisi. Gli attori principali recitano con maschere, escludendo la possibilità di esprimere la mimica del volto. Sfruttando la posizione della testa, le loro grandi abilità consentono ad una maschera inanimata di mostrare differenti espressioni e sentimenti, grazie anche alla sua conformazione e al fatto che sia scolpita in modo tale che, secondo l'orientamento e la diversa incidenza dell'illuminazione, possa generare una grande varietà di mutazioni espressive.
Il canto del Nō, nonostante la povertà d'espressione, è pieno di allusioni. I testi, anche per la peculiarità del linguaggio ricco di omofoni, sono costruiti in tal maniera da poter essere interpretati liberamente dallo spettatore. L'evocativa musica d'accompagnamento, eseguita dai simbolici strumenti a fiato e a percussione, non è concepita per essere semplicemente "ascoltata", ma per essere apprezzata in relazione alla recitazione, alla danza e alla scenografia. Seguendo un singolo aspetto, lo spettacolo potrebbe risultare incomprensibile, poiché è nato ed è stato concepito in un contesto d'integrazione delle arti.

Un altro esempio è la danza indiana, in cui la dicotomia occidentale tra il teatro e la danza si riduce enormemente e perciò questa denominazione mal riflette la sua complessa realtà.
Nel campo delle arti performanti occupa una posizione molto speciale. La combinazione dei movimenti del corpo e delle mani, le espressioni del volto e degli occhi, insieme all'accompagnamento musicale esaltano il tema che si vuole descrivere. Nel dramma e nella danza classica indiana si osserva un disinteresse verso l'identità degli artisti o l'intenzione di ubicare gli eventi storicamente, la preoccupazione non è tanto diretta all'imitazione esatta del reale, ma si osserva il desiderio di provocare emozioni capaci di stimolare l'immaginazione del pubblico. La profonda relazione tra attore-danzatore e spettatore impone che entrambi posseggano qualità specifiche, che abbiano una parte attiva per ottenere il fine dell'opera d'arte: il piacere estetico. L'unione è in un grado così elevato, che in essa s'incontra il nucleo della teoria estetica: l'idea di emozione e di sentimento.
La danza indiana, arte di origine sacra, è basata sulla trasmissione orale del sapere e sulla stretta relazione tra maestro e discepolo. Non c'è particolarità o attitudine che non sia prevista e codificata, l'improvvisazione e l'innovazione sarebbero un controsenso. Ogni gesto dell'artista appare emergere dalle passioni dell'anima, come se fosse eseguito per la prima volta.
Nonostante ciò, questa raffinatissima arte è estremamente contemporanea perché è essenziale e fuori dal tempo. Richiede una partecipazione totale, fisica, emozionale, mentale e spirituale dell'artista, che esce dal suo tempo ed entra nell'atmosfera atemporale del dramma. Se la danzatrice rappresenta un dio, deve potersi convertire lei stessa, estasiata, in dio. Può ridere con una parte del viso e piangere con l'altra. Solo il linguaggio dei gesti deve manifestarsi attraverso l'artista: il canto deve essere trattenuto nella gola, il sentimento dimostrato dagli sguardi, il tempo marcato dal movimento. Quando la mano si muove, lo sguardo la segue. La mente immagina e cresce il sentimento. Dove va il sentimento, là vi è l'essenza più profonda.


L'ascolto, gli ascolti
Si può adesso cercare di definire e codificare alcuni modi di relazionarsi alla fruizione di una manifestazione artistica, in questo caso specificamente musicale. Queste diverse forme di ascolto si rapportano direttamente con le idee di aspettativa e sorpresa, con la possibilità di prevedere quello che succederà e al contrario incontrarsi con qualcosa di non previsto.

Mi trovavo in Bolivia, assistendo a un concerto di un'orchestra di strumenti nativi in un festival in Cochabamba. Il programma, oltre ad alcuni pezzi tradizionali, presentava partiture di compositori contemporanei boliviani dedicate a questi strumenti. Al mio lato sedeva un musicista boliviano, compositore e pianista, che mi parlò al termine dell'esecuzione e sottolineò alcuni "codici" che egli aveva identificato nei pezzi, la cui presenza, per la mia estrazione culturale diversa, non avevo individualizzato né immaginato assolutamente.
Fatto che, come nel caso del teatro Nō e della danza indiana, invita a pensare come ci sia una forma di ascolto culturale della musica, che va nella direzione della capacità di decodificare gli elementi che la compongono. Una possibilità che nasce dal vivere lo stesso ambiente e le stesse esperienze.

Un'altra possibilità è relazionarsi con l'aspetto formale e tecnico in un ascolto analitico, che ha bisogno di conoscenze e di uno studio delle caratteristiche costitutive delle composizioni di un determinato periodo storico e luogo geografico, senza necessariamente entrare nel campo dei codici culturali specifici. Per esempio, conoscendo la struttura della forma sonata, si possono riconoscere gli elementi che la compongono e avvicinarsi ad essa in una maniera più analitica, prevedendo i momenti successivi. "Questo è il primo tema, presto arriverà il secondo, che avrà questa tonalità, queste caratteristiche..." e così via. Ossia l'ascolto di una partitura, della quale si conoscono la forma e la struttura, invita a relazionarsi cercando aspetti tecnico-formali che possano provocare il gusto di incontrarli. Però se ci si avvicina a una partitura dalla struttura nota, si potrebbe anche avere la possibilità di allontanarsi dalla forma e ascoltarla a un altro livello. Rimanendo alla sonata, immaginiamo che cosa succede durante l'ascolto dello sviluppo, della parte centrale, dove un approccio analitico non ha spazio. Chissà se gli stessi compositori di questo periodo si ponevano il problema, invitando nello stesso tempo a differenti possibili relazioni con le loro opere.

Che cosa succede quindi se non si conoscono i codici per un ascolto culturale e non si hanno le conoscenze tecniche per uno analitico?
Sicuramente c'è un'altra maniera di relazionarsi con una composizione musicale, forse meno selettiva e chiusa di un ascolto culturale, meno individuale ed egoista di uno analitico, più globale nel favorire una partecipazione collettiva all'evento sonoro con la sua naturalezza e spontaneità, indipendentemente dal fatto che gli assistenti provengano dalla stessa estrazione sociale e culturale. Si può chiamare ascolto emozionale e si può paragonare all'idea estetica del periodo romantico, nel quale, nonostante l'evidente importanza dell'aspetto tecnico nella composizione delle partiture, i compositori erano ritratti con le mani sulla tastiera di un pianoforte, mentre guardavano la luna, nel momento di ricevere l'ispirazione. Una fruizione artistica totale che si confronta con l'espressivo, l'extramusicale, con l'evocazione di immagini, con il lasciarsi trasportare dalle emozioni, dove anche l'idea fisica di tensione e distensione e l'aspetto psicologico hanno il loro spazio.

Credo che una composizione contemporanea, una partitura composta in questo periodo storico in alcuni ambienti culturali, si possa ascoltare esclusivamente in maniera estetico-emozionale. è molto difficile per il pubblico che si relaziona con una nuova opera con ricerche formali e tecniche originali, riuscire a entrare nella struttura. Avrebbe bisogno della presenza dell'autore e di una spiegazione previa sulla forma, sulle tecniche utilizzate, sul come sia costituita la partitura. Forse anche interrompendo gli interpreti durante l'esecuzione, ma chiaramente non è possibile. Uno spettatore normale che si avvicina a una nuova partitura, anche se abituato ad ascoltare musica, ottiene il primo contatto attraverso un impatto estetico, per esempio lasciandosi trasportare dall'evocazione di immagini e dalle emozioni che l'opera gli provoca.
Credo che un compositore debba tenere presente questo aspetto nell'atto del comporre, debba preoccuparsi di come vuole che il pubblico si avvicini alla sua partitura, fino al punto di aiutarlo nell'evocazione dell'extramusicale, proponendo diversi livelli di ascolto. Non può pensare che utilizzando una tecnica complessa sia possibile coglierla immediatamente, ossia un'opera non può basarsi solo sulla tecnica, non può limitarsi a un esercizio o a un gioco intellettuale. è importante quello che c'è prima della fase di realizzazione di una composizione, la tecnica deve stare sempre al servizio di qualcosa di superiore, di una "idea", e deve permetterle di manifestarsi e aiutarla a svelarsi.

Nonostante l'importanza e il gusto personale che derivano dal possesso degli elementi per decodificare e relazionarsi in maniera analitica e intellettuale con l'oggetto sonoro, credo sia importante sviluppare ogni volta di più la capacità di un avvicinamento emozionale. Si possono così rompere gli schemi e i modelli impositivi "innaturali" tipici della cultura occidentale, trovando anche nuovi spazi e formule di presentazione e di relazione tra musicisti e pubblico, riducendo la loro separazione.
Questo implica un cambio nella concezione della musica, una possibilità di avanzare verso il senso spirituale e compartecipativo del creare, dell'interpretare e dell'ascoltare, separandosi dalla struttura previa, dall'accademia, dalla cultura imposta, e trovando una via di fuga da alcuni modelli, a volte incoscienti, che influiscono pesantemente sulla forma di vita attuale.



Altri testi su queste tematiche nel libro:

libro sacbeobLuca Belcastro
Sacbeob
Scritti latinoamericani
in italiano e in spagnolo

entra

alt Invia i tuoi commenti a info@germinaciones.org. Grazie.