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Se l'Italia (e Como) non investono in cultura

Articolo tratto da L'ORDINE (Como - Italia) del 29 gennaio 2010

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Creare e fruire della creatività è una necessità primaria, un percorso per la crescita personale e collettiva, una possibilità per condividere, affrontando la solitudine e sentendosi partecipi di un movimento, per stare in contatto con la natura e lo spirituale, stimolando l'immaginazione, per confrontarsi con punti di vista originali e vedere la realtà anche attraverso gli occhi di altri.
Dalla sua esistenza, l'essere umano si è sempre confrontato con la necessità di manifestare le proprie emozioni, comunicarle, sperimentare tecniche e trovare canali di contatto. Tutto in stretta relazione con l'ambiente sociale e culturale nel quale il caso l'ha inserito al momento della sua nascita e, ovviamente, con i modelli che il suo ambiente propone, e a volte impone. Modelli che sono anche il frutto di scelte politiche ed economiche, e che a volte rispondono a criteri di controllo, di esasperazione della competitività e dell'uniformità, di isolamento e frammentazione, che indeboliscono la forza della novità e portano all'immobilismo, alla conservazione, alle città-museo.
I modelli sociali possono favorire e amplificare l'innata volontà creativa, però anche contrastarla, ostacolarla, impedirla. Per questo la grande responsabilità di chi amministra un gruppo sociale è prendere coscienza di questa problematica e necessità, trovando la maniera di favorirla e sostenerla.
Si presentano alcune domande: Che cosa è rimasto, per esempio, dell'Egitto dei faraoni, della Grecia dei miti e degli dei, delle civiltà precolombiane della natura divinizzata?
Cosa si continua a fruire dei periodi e momenti della storia occidentale?
Cosa invita a visitare una città, una nazione, a scegliere le proprie mete turistiche?
Cosa rimane nel ricordo dopo questi viaggi?
La risposta a queste domande non può che essere una: "La produzione artistica, il frutto dell'attività culturale". Ossia le teorie e le preoccupazioni economiche passano in un piano secondario rispetto alla forza della produzione artistica nel definire una cultura e fissarla nel tempo.
è una realtà evidente, però, che senza un impegno economico non si possa produrre cultura. L'attività culturale ha un costo e, per la sua indispensabilità, è un costo che bisogna affrontare. Inoltre, se ben amministrata e strettamente vincolata all'educazione, produce grandi possibilità nel campo dell'occupazione.
Si può pensare a quante persone e menti sono coinvolte, per esempio, nella progettazione e realizzazione di un teatro, di una sala da concerto, quante nell'allestimento di una grande mostra, di un importante evento teatrale, di un festival musicale. Pensare a quanto il sostenere le passioni, i sogni, le utopie possa creare un circolo virtuoso che coinvolga i membri di una società, ognuno con le proprie abilità.
Altra realtà evidente è che si incontrano importanti attività culturali in nazioni con scarsissime risorse economiche. Nei paesi latinoamericani, in vari stati dell'est europeo, per esempio, gli sforzi per affermare la propria presenza a livello internazionale passano attraverso un forte sostegno alla cultura, soprattutto della propria attività nel campo della creazione artistica contemporanea.
Inoltre, è presente la necessità del contatto con gli altri, con altre esperienze e la conseguenza è che non si chiudono le frontiere, al contrario si invita al confronto e alla partecipazione, comprendendo quanto si possa apprendere dalla diversità.
Per tutto questo è inaccettabile che dai politici delle nazioni che si proclamano "ricche", "culla della civiltà", "luoghi di libertà", la frase che si ascolta più frequentemente sia: "Non ci sono soldi per le attività culturali, le priorità sono altre", quando, per la mancanza di coscienza, sarebbe molto più onesto e corretto dire: "Non esiste la volontà".



Altri testi su queste tematiche nel libro:

libro sacbeobLuca Belcastro
Sacbeob
Scritti latinoamericani
in italiano e in spagnolo

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